L’incontro e il confronto con Lorenzo Angeloni, venerdì 6 febbraio, ha portato gli studenti del collegio a una riflessione sulle drammatiche vicende del Darfur e sull’orrore della guerra.
Lorenzo Angeloni è stato ambasciatore in Sudan dal 2003 al 2007. Lo scoppio della crisi nella regione occidentale del Darfur nel 2003 lo ha segnato tanto da spingerlo a pubblicare un romanzo, In Darfur, che raccoglie impressioni e testimonianze legate a questa sanguinosa guerra civile. Guerra che vede contrapposto il governo sudanese di matrice islamista a diversi movimenti ribelli.
L’ambasciatore ha sottolineato la diversità di questo conflitto rispetto alla precedente guerra che aveva dilaniato il Sudan dal 1983 e che vedeva il nord sostanzialmente islamico e arabo schierato contro il sud africano, animista o cristiano. Il fattore della differenza religiosa scompare nella crisi del Darfur, regione a grandissima maggioranza musulmana, ma resta la polarità arabo-africana e soprattutto il binomio nomadismo-stanzialità.
La responsabilità principale per le stragi avvenute spetta al governo centrale, che si è servito ampiamente delle milizie formate dalla popolazione araba nomade per reprimere le ribellioni in Darfur. La ferocia degli attacchi dei Janjaweed si è aggiunta allo sfruttamento della popolazione da parte dei movimenti ribelli, staccatisi lentamente dalla causa inizialmente perseguita, e alle difficoltà ambientali. Il risultato sono stati i due milioni e mezzo di sfollati che oggi occupano la cintura di campi profughi intorno a Khartoum. Un ruolo controverso è stato poi quello giocato dalla comunità internazionale, intervenuta tempestivamente con massicci aiuti umanitari, ma con una inadeguata gestione politica, lasciando per due anni il controllo della situazione alla sola Unione Africana.