“L’idea che il processo [penale] possa ricostruire la verità è illusoria”. Pronunciate dall’Avvocato Giandomenico Caiazza, nell’ambito di un incontro relativo ai problemi della giustizia penale tenutosi presso il Collegio Lamaro-Pozzani il 16 gennaio, tali parole assumono un significato di particolare rilievo. L’esigenza di giudicare gravi crimini e di assegnare punizioni è insita nell’uomo e il processo è quel luogo ove si ricostruisce, in maniera approssimata, ma quanto più prossima al vero, la realtà storica dei fatti. Onde tutelare, in primo luogo, gli innocenti da ingiuste condanne, si sono stabilite delle regole, le quali, nondimeno, vengono regolarmente disattese nella pratica: è particolarmente emblematico il caso delle intercettazioni telefoniche, regolarmente divulgate nonostante l’esplicito divieto. Rispondendo a una domanda sulla spesso auspicata, ma mai realizzata, “separazione delle carriere”, l’avvocato ha affermato che, sino a quando il pubblico ministero e il giudice saranno stati compagni di concorso o colleghi di procura, non si potrà mai avere un processo di natura accusatoria equo e giusto.