“Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa”. Così recita uno dei punti salienti del Giuramento di Ippocrate, che da millenni guida l’uomo nell’esercizio dell’arte medica e che ancora è capace di ispirare e interrogare noi contemporanei.
Ad aprire il dibattito su questo tema al Collegio Lamaro Pozzani, mercoledì 10 febbraio, e a dare ufficialmente inizio al ciclo di presentazioni letterarie, è stato Mirko Daniel Garasic, ricercatore presso la Cattedra Unesco di bioetica e diritti umani, visiting professor in Neuroethics alla Scuola IMT Alti Studi Lucca, e professore di Bioethics alla LUISS, nonché autore di “La coscienza di Ippocrate. Vaccini, fine vita, obiezione di coscienza e altri problemi di etica e medicina”, pubblicato nel 2018 dalla Luiss University Press.
Come rimarcato più volte nel corso della serata, quelli di cui si occupa Garasic sono temi di scottante attualità che, già prima della pandemia, ha voluto presentare alla società civile tramite questa sua pubblicazione: sono temi che rimettono in discussione i valori fondamentali che scegliemmo dopo gli orrori del secondo conflitto mondiale (con la sottoscrizione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo) come fondamenti per la ricostruzione della nostra identità di esseri umani, dopo che l’esperienza della guerra ci ha reso dolorosamente consapevoli di come la scienza e la tecnica possano essere usate per aberranti pratiche, se chi le padrona non le asservisce al bene comune.
La relatività della morale pone però delle sostanziali difficoltà nel momento in cui ci troviamo a dover applicare e tradurre nel linguaggio del diritto quei valori morali, a cui abbiamo deciso pur convintamente di aderire, come la difesa della vita e della libertà ed autonomia di ogni uomo: si tratta, infatti, di diritti relativi che, se vogliamo evitare le malsane degenerazioni a cui ogni estremizzazione conduce, devono guardare all’individuo non come monade isolata, ma come centro di una rete di relazioni.
Per quanto durante l’incontro si sia voluto sottolineare l’importanza di un atteggiamento costruttivo ed ottimistico nei confronti del sempre mutevole sapere scientifico (fin troppo spesso oggi messo in discussione da voci incompetenti che praticano in maniera esasperata uno scetticismo metafisico, e che si chiudono con arroganza alla conoscenza, preferendovi il complottismo), allo stesso tempo non è pensabile non criticare aspramente le derive a cui la società iper-tecnicizzata in cui viviamo sembra tendere. Contro quest’ultima già Günther Anders, nel secondo dopoguerra, ha compiuto un audace atto di accusa, scagliandosi contro un’umanità che ha rinunciato a tendere ad uno scopo, a promuovere un senso, ad aprire scenari di salvezza, e soprattutto a svelare la verità, perché interessata solamente funzionare in modo efficace, mettendosi a servizio della macchina e abdicando all’esercizio della propria capacità morale.
In un contesto del genere, è in base agli stessi principi di validità, performance ed efficienza che si va a giudicare il diritto dell’altro di esistere al mondo, mettendo così in atto pratiche di eugenetica di Stato, e facendo dipendere il diritto fondamentale alla salute dal progresso economico raggiunto dal Paese di appartenenza di ognuno; pericolose convinzioni che, in questo preciso momento storico, rischiano di influenzare le decisioni politiche sulla distribuzione dei vaccini contro il COVID-19 tra le diverse regioni e fasce di età.
È infatti importante tenere a mente che i temi di bioetica sono anche sempre politici e per questo, a seconda delle risposte che vorremo dare ai quesiti che la modernità ci pone, determineremo che ideale di umanità vogliamo incarnare.
È quindi fondamentale che noi, in quanto tutti figli di Eichmann, impariamo a riconoscere l’onerosa eredità che la storia ci ha affidato, e che, consapevoli del nostro background culturale e religioso, ci poniamo in dialogo con la comunità scientifica tutta per riaffermare la nostra comunanza di principi, e per dare luogo a proficue collaborazioni e condivisioni del sapere, che sono poi il maggior vantaggio del progresso e strumenti fondamentali per salvare innumerevoli vite.