Prosegue il ciclo di presentazioni dei dottorandi con Jessica Talbot, che ha intrapreso quest’anno il suo percorso di PhD in Neuroscience and Psychology presso l’università Sapienza di Roma.
Traendo dalla propria esperienza personale uno spunto sia per gli studenti del Lamaro Pozzani che per le circa sessanta persone collegate a distanza da altri collegi di merito, la dottoranda ha avviato l’incontro raccontando delle proprie esperienze lavorative e di ricerca e di come queste l’abbiano incentivata a distaccarsi dal mondo puramente teorico delle lezioni universitarie per intraprendere il dottorato qui in Italia, nota per la propria posizione all’avanguardia nel settore.
La Dott.ssa Talbot ha innanzitutto spiegato come le neuroscienze siano un campo di studi multidisciplinare che si occupa dello studio del sistema nervoso, deputato a modulare non solo i movimenti, ma anche le funzioni vitali e cognitive, e che avvicina tra loro biologia, chimica, psicologia, ma anche matematica.
Andando nello specifico del progetto di ricerca, una delle funzioni cognitive di cui sopra è la memoria autobiografica, una particolare categoria di memoria a lungo termine che riguarda le esperienze personali. In termini evolutivi, risulta di fondamentale importanza per la formazione dell’identità personale, come anche per le relazioni sociali e per i processi decisionali.
È dunque chiaro che danni nella memoria autobiografica dovuti all’età o a patologie quali il morbo di Alzheimer hanno conseguenze particolarmente debilitanti per gli individui, oltre che problematiche in situazioni particolari in cui è necessario affidarsi a testimonianze oculari.
Al fine di comprendere meglio i meccanismi dietro questi processi, il dottorato avrà come oggetto i casi di persone in cui è stata osservata una memoria autobiografica fuori dal comune, in grado di rievocare con estrema rapidità e precisione gran parte dei loro vissuti (ufficialmente il fenomeno è noto come Highly Superior Autobiographical Memory). A oggi sono oltre cinquanta i casi documentati, e sembra talvolta che questi individui riescano addirittura ad aggirare i normali processi di invecchiamento delle capacità mnemoniche.
Gli interrogativi che ci si propone di sciogliere sono, dunque: come influisce tale capacità sulle vite di chi la possiede? Ci sono correlazioni con disturbi ossessivo-compulsivi o dello spettro dell’autismo? Ci sono differenze con i soggetti normodotati a livello di struttura cerebrale e/o di connettività neurale? Quali sono le prestazioni in esercizi di intelligenza o che coinvolgono altri tipi di memoria?
Ognuna di queste mancanze nella conoscenza attuale va colmata con delle specifiche metodologie di studio. Si parte da test psicologici, articolati in batterie di test mnemonici, screening comportamentali e interviste volte a valutare come ogni individuo viva soggettivamente la propria condizione, per poi arrivare a test strumentali. Vengono eseguite delle risonanze magnetiche tradizionali, per comparare le strutture anatomiche, ma anche funzionali, il cui scopo è evidenziare le aree dell’encefalo attivate durante la rievocazione di momenti del passato.
Nel prossimo incontro sul tema verranno approfondite le diverse tipologie di memoria, oltre che i prossimi passi all’interno del progetto, che riguardano ad esempio lo stilare un resoconto sistematico e la pianificazione di uno studio pilota.