All’interno del ciclo “Scenari e mutamenti geopolitici globali” abbiamo avuto l’onore di ospitare lunedì 1 marzo Marco Valerio Lo Prete, caporedattore della redazione Economia del TG1, già vicedirettore de “Il Foglio”. Nel corso dell’incontro ha saputo fornire un’idea chiara, alla luce della sua esperienza, su ciò che significa parlare di economia in questo preciso momento storico, nonché sui temi attualmente più sensibili e sulle sfide strutturali che l’Italia sta affrontando. E pensare che – racconta Lo Prete – al suo ingresso nella redazione de “Il Foglio”, fresco della laurea in Scienze Politiche, avrebbe voluto essere assegnato alla sezione Esteri, ma serviva uno stagista di Economia. Così, ha dovuto studiare la disciplina dando una piega imprevista alla sua carriera.
L’incontro inizia con due domande rivolte direttamente all’auditorio: l’economia in Italia e in Europa sta andando meglio o peggio di come ci saremmo aspettati? E le bollette stanno salendo o scendendo? Dicendosi d’accordo con i voti espressi dalla maggioranza, rispettivamente per il superamento inaspettato delle previsioni sulla nostra crescita economica e per il calo delle bollette, seguita a fornire delle “insights” circa le tre crisi che la nostra economia, come tutte le altre, ha dovuto affrontare negli ultimi tre anni: la pandemia, il post – pandemia e la guerra in Ucraina.
Come le tre parche, nell’immaginario degli antichi Greci, segnavano la sorte di ogni uomo finendo per spezzarne l’esistenza, ciascuna di queste ha inferto un duro colpo all’economia: la prima ha interrotto le catene globali del valore, aumentando tempi di produzione e maggiorando i prezzi d’acquisto; la seconda ha portato ad un aumento sproporzionato della domanda rispetto all’offerta in numerosi settori (come nel caso del “revenge tourism”, il desiderio di viaggiare dopo le costrizioni del lockdown), con la conseguente inflazione; la terza ancora ha aggravato un trend di aumento del prezzo del gas già esistente prima dell’invasione, con punte dell’indice TTF gas superiori ai 220 €/MWh. Eppure, ci possiamo ritenere soddisfatti del fatto che le temute manovre di “austerity” energetica non sono state necessarie, complici la corsa agli stoccaggi e la riduzione spontanea dei consumi.
Particolarmente interessante è il tema della transizione ecologica, con particolare riferimento al bando della vendita di veicoli a benzina e diesel dal 2035 che l’UE è intenzionata a porre, nonostante le voci contrarie di alcuni Paesi, tra cui l’Italia (tra le ragioni, il fatto che secondo Federmeccanica si perderebbero oltre 70 000 posti di lavoro).
Un rischio ulteriore è dato dalla competizione cinese. Potrebbe ripetersi con le “clean tech” quello che nel 2005 fu ribattezzato da alcuni come “guerra dei reggiseni” a proposito del tessile: venute meno le quote che regolavano il volume di esportazioni tessili che ogni paese asiatico poteva raggiungere, il mercato europeo e italiano fu inondato da prodotti cinesi che spazzarono via la filiera locale. In quel caso l’UE sprecò gli anni in cui il mercato del tessile era garantito dalle quote per far progredire il proprio comparto, mettendolo al riparo dalla concorrenza a basso costo. Preso atto della miopia avuta, ci si ripromise che da lì in poi si sarebbero concentrati gli sforzi sugli investimenti sulle produzioni ad alto contenuto tecnologico e indispensabili per la transizione verde, facendo tesoro del tempo a disposizione per formare la manodopera, riconvertire le aziende e mettere al sicuro la filiera produttiva.
Ciascun lettore sa come poi sia andata…
Sollecitato dalle domande dei collegiali, Lo Prete, rispondendo con puntualità e nitore, tocca diversi altri argomenti, dal significato profondo del Next Generation EU in relazione alla capacità dell’Unione di concordare con gli stati membri le riforme da portare a compimento ai problemi che il giornalismo sta incontrando oggigiorno, tra la nemesi degli articoli web – poco precisi ma molto cliccati – e le pagine social di divulgazione il cui lavoro (consistente in effetti nel dare una veste chiara e godibile a contenuti prodotti da qualcun altro) è obiettivamente distante dal vero giornalismo.