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Incontro con i dottorandi: Microbiotica, Ai ed emancipazione femminile

25.04.2024

di Francesco Cassone

Il 22 aprile si è chiuso il secondo giro di presentazione dei dottorandi che hanno la possibilità di studiare per il loro PhD al collegio Lamaro Pozzani. Gli studenti hanno presentato come sta procedendo il loro percorso e quali obiettivi hanno raggiunto finora.

Hajar Akhoutir ha preso la parola approfondendo l’argomento delle sue ricerche, un progetto di collaborazione tra l’Università di Roma Tre e l’Università di Agadir, insieme al patrocinio dei ministeri della Sanità Marocchino e dell’Istruzione Italiano.  Negli ultimi anni un abuso nell’utilizzo di antimicrobici combinato ad un calo nell’investimento in ricerca e aggiornamento delle sostanze, ha portato a un fenomeno preoccupante: l’antibiotico-resistenza. Poiché questo gruppo di farmaci contamina gli ambienti più svariati, i batteri mutano per sopportarne dosi sempre più massicce e diffondono i loro geni ad altri patogeni che potrebbero entrare a contatto con l’uomo. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha stilato nel 2017 una lista di sei batteri (sotto l’acronimo ESKAPE) verso cui avere particolare attenzione, e il lavoro della dottoranda si concentra sull’individuare e studiare i pezzi di genoma dei batteri Gram-negativi di questo gruppo, i più resistenti alle cure e i più pericolosi. In particolare, il focus è su tutti quei batteri che hanno sviluppato una resistenza alla Colistina, un farmaco considerato di altissima importanza per la salute umana, ma il cui uso diffuso anche nel settore agro-zootecnico per migliorare i livelli di produzione favorisce l’antibiotico-resistenza. L’obiettivo della ricerca è trovare nel corredo genico dei patogeni i resistomi, tutti quei geni che favoriscano l’adattamento ai farmaci, e i mobilomi, un altro gruppo di geni che invece permette una più rapida diffusione dei resistomi tra le varie specie. Gli sforzi in questa ricerca permetteranno di trovare una risposta adeguata e più precisa al problema, attraverso l’intervento con metodi più accurati per preservare l’efficacia degli antibiotici e tutelare la salute della popolazione e delle future generazioni.

Il secondo intervento è stato quello di Amani Najlaoui, dottoranda presso l’Università Tor Vergata. Il suo attuale lavoro accademico si sta concentrando su l’utilizzo dell’IA nel canottaggio: utilizzare l’intelligenza artificiale per tracciare il movimento delle pale e confrontare i risultati per sviluppare tecniche migliori per l’atleta.
Per fornire i mezzi all’IA si devono sviluppare una serie di modelli e per ognuno scegliere il programma migliore per elaborarli. Il primo è YOLOv8, usato per riconoscere la forma della pala, questo richiede una serie di annotazioni manuali faticose. Dopo si usa RoboFlow per tracciare la forma della pala nei vari frame ed estrarne la maschera (in maniera simile a come si farebbe su Photoshop). Qui entrano in gioco i vari ottimizzatori, programmi che con un set incompleto di informazioni devono riempire i buchi generando elementi quanto più simili al modello reale. Per visualizzare il movimento della pala si usa Go-Tracker che segue i pixel desiderati lungo i frame del video. Il problema più grande è posto però dal movimento sott’acqua dell’oggetto, che scompare alla vista della macchina. Per ovviarlo si utilizza un ultimo programma Bot-Sort, che conoscendo la forma della pala ne “immagina” l’andamento anche quando scompare alla vista.
I limiti di questo programma sono dati propri da quest’ultimo punto, ma la dottoranda è fiduciosa che continuando ad allenare l’IA con video di singoli atleti che impiegano le loro varie tecniche e confrontandone le performance si potrà ottenere un mezzo utile per migliorare i risultati di chi ne faccia uso.

Infine, ha esposto la sua ricerca presso L’Università La Sapienza di Roma la dottoranda Pegah Khabazrahimi Langroudi. La sua è un’analisi sulla disoccupazione femminile nella regione geografica detta in inglese MENA (Middle East and North Africa). I dati mostrano come un tasso di inattività femminile tra il 60% e l’80% non sono spiegabili solo con motivazioni classiche, come una bassa istruzione o un’alta fertilità, poiché le statistiche per entrambi questi fenomeni hanno un andamento convergente a quelle dell’Occidente ed abbastanza simili a quelle delle aree asiatiche o sudamericane. La ricerca pone quindi l’accento sull’effetto del petrolio sul mercato del lavoro femminile: sia sul settore dei beni commerciabili (agricoltura e manifatture) che su quello dei beni non commerciabili (servizi, edilizia). L’immagine che ne risulta è quella di una serie di posti di lavoro che prima erano occupati da uomini e che si liberano quando questi passano al settore petrolifero, ma dall’altro lato l’arricchimento della popolazione derivato dal petrolio fa sì che almeno nei settori primario e manifatturiero ci sia la tendenza a preferire l’import di quei prodotti alla loro manifattura in loco. Le migrazioni conseguenti alla scoperta di un giacimento riducono ancora l’offerta di lavoro per le donne. Gioca poi un ruolo importante la correlazione tra aumento degli stipendi degli uomini e diminuzione nell’occupazione femminile, con l’aumento dei matrimoni e il disincentivo per le mogli a lavorare quando la fonte di reddito del marito è sufficiente per il nucleo familiare. Purtroppo, per questa serie di correlazioni è difficile stabilire se tra i fenomeni occorre un rapporto di causalità o se sono dipendenti da altri fattori tralasciati dall’indagine. Per ora, si possono usare un insieme di metodi che stabiliranno se questa sussiste o meno: il regression discontinuity design, il difference-in-difference e le instrumental variables.