Il 3 giugno, l’aula magna del Collegio Lamaro Pozzani ha ospitato un incontro particolarmente atteso con la scrittrice Claudia Durastanti. Il terzo appuntamento del ciclo “Autori in collegio”, è stato aperto da una breve ma incisiva presentazione offerta dal professore Melidoro, che ha introdotto l’ospite e il suo ultimo libro “Missitalia”, edito da La nave di Teseo nel 2023. L’incontro, moderato dagli studenti Stefania Martone, al primo anno di Lettere Classiche, e Gabriele Ametrano, al primo anno di magistrale in Filosofia, si è rivelato un’occasione di dialogo stimolante e profondo.
“Missitalia” di Claudia Durastanti è un’opera che attraversa duecento anni di storia, mescolando prospettive e tempi verbali in un affresco complesso e avvincente. La terra, simbolo di origine e protezione, è al centro del racconto, rappresentando un’entità ancestrale dove spazio e tempo si fondono, consentendo ai personaggi di trovare la propria identità all’interno di un contesto collettivo.
Si parla di un romanzo assemblato, dove tre storie si intrecciano grazie ad alcuni fili conduttori quali il territorio (la Val d’Agri) o la presenza di protagoniste femminili (Amelia, Ada ed A). Grazie ai loro commenti introduttivi e alle domande poste nel corso dell’evento, i due moderatori hanno guidato una discussione ricca e articolata, che ha permesso di esplorare i temi fondamentali del libro. Tra questi si ricorda il Progresso, tematica centrale e analizzata nella discussione specialmente attraverso il primo racconto, dove i tempi in cui la storia prende vita sono attraversati dal positivismo diffuso all’epoca. Siamo nel meridione postunitario, deluso da tutte le promesse non avverate e dove la costruzione di un’officina, che nell’opera è chiamata “la Fabbrica”, simbolo per eccellenza del progresso, è elemento divisivo negli animi dei molti. Dove vi è stupore e meraviglia da una parte, dall’altra si trovano dissenso e incredulità. Molti scappano dalla novità, si nascondo in cerca di un “futuro anteriore”. Ed è qui che si snoda un altro punto cruciale: il tempo.
In questa sua opera Durastanti gioca con il tempo. Nella narrazione, passato, presente e futuro si intrecciano, suggerendo che tutto è interconnesso. Fino ad arrivare all’ultimo racconto dove è un nuovo mondo quello che viene narrato, la Luna, della quale la Lucania è diventata base di colonizzazione. E in un contesto dove tutto si presenta sotto il nome novità, ma finisce inevitabilmente per essere uguale al vecchio, vi è una totale immobilità. Una fissità che nega lo scorrere del tempo e abolisce dal lessico quotidiano la parola fine. A, la nostra ultima protagonista, si trova a scoprire che l’idea di un perpetuo inizio rende difficile il proseguire della sua vita. Così la Fine diviene speranza. Giungiamo ora all’ultimo argomento trattato: la nostalgia. All’interno del romanzo ci si interfaccia con uno squilibrio tra due tipi di nostalgia. La prima è quella relativa al tempo vissuto. Quella per un luogo familiare e confortevole da cui si è lontani. La seconda, invece, si identifica come nostalgia di un tempo non vissuto, mai raggiunto. Sempre nella terza storia la Terra, una volta arida e desolata, si riconverte in una terra promessa, riscattandosi grazie alla nostalgia per l’assenza e all’indifferenza subita. Ora è pronta a riaccogliere, diventando un rifugio imperfetto dove poter tornare e far scorrere il tempo, fondendo il mondo immaginario con quello reale.
Durante la discussione, Claudia Durastanti ha risposto con passione e competenza alle domande, condividendo aneddoti sulla genesi del libro e riflessioni personali sui temi trattati. Il pubblico ha potuto apprezzare non solo la qualità letteraria dell’opera, ma anche l’approccio intellettuale e la sensibilità dell’autrice.