Nell’incontro tenutosi la sera del 18 dicembre presso il “Lamaro Pozzani” con il Professor Gianfranco Viesti (Università di Bari), è stato affrontato il tema dell’autonomia differenziata, una proposta di riforma che potrebbe modificare profondamente l’assetto istituzionale del Paese. Al centro della discussione l’articolo 116, comma 3, della Costituzione, che consente alle regioni ordinarie di richiedere competenze aggiuntive in numerose materie. Tuttavia, questa possibilità solleva interrogativi di rilievo sull’uguaglianza tra i cittadini e sulle reali capacità gestionali delle singole regioni.
Il percorso che ha portato questa riforma al centro del dibattito politico è lungo e complesso. Le sue radici risalgono al 2007, con le prime richieste da parte di alcune regioni del Nord Italia di maggiore autonomia. La questione è però tornata all’attenzione del pubblico nel 2014, quando il Veneto ha avviato un processo per ottenere maggiori poteri, culminato nel referendum consultivo del 2017 in Veneto e Lombardia. Le spinte autonomiste avevano come obiettivo un controllo più ampio su numerose materie dell’articolo 116 e il progetto, con l’ingresso sulla scena dell’Emilia-Romagna, notoriamente di schieramento politico contrario rispetto alle due precedentemente citate, aveva inizialmente incontrato appoggio a livello nazionale.
La questione ha attraversato diverse fasi politiche negli ultimi anni. Nel 2018, il governo Gentiloni ha affrontato per primo le richieste di autonomia avanzate dalle regioni, senza tuttavia portare a termine il processo. Successivamente, il governo Conte I ha rilanciato il progetto, ma la sua caduta dopo un anno ha interrotto il percorso, insieme ai problemi causati dalla pandemia. Con Mario Draghi alla Presidenza del Consiglio, si è registrata un’inversione di rotta e un momentaneo accentramento politico, mentre il ritorno del centrodestra al governo, sotto la guida di Giorgia Meloni, ha riaperto il dibattito. La “legge quadro” promossa dal ministro Calderoli, che stabilisce il processo decisionale per l’attribuzione delle competenze, ha però sollevato non poche critiche. Questa legge renderebbe “alcune regioni più speciali delle regioni a statuto speciale” a detta del professore, il quale ribadisce il ruolo marginale assunto in tale contesto dal Parlamento, che dovrebbe limitarsi a ratificare gli accordi tra Stato e regioni, lasciando i poteri decisionali nelle mani del Presidente del Consiglio. Inoltre, non tutte le regioni sono coinvolte con lo stesso entusiasmo: mentre Lombardia e Veneto spingono per ottenere una sorta di statuto speciale senza modificare la Costituzione, altre regioni rimangono escluse o avanzano richieste meno incisive.
Un aspetto cruciale della proposta riguarda le disparità economiche che essa potrebbe generare. Il professor Viesti ha descritto l’autonomia differenziata come un progetto che rischia di favorire le regioni più ricche a scapito di quelle meno sviluppate. Secondo lui, il principio che guida questa riforma può essere riassunto nella locuzione “secessione dei ricchi”, che sottolinea come il trasferimento di maggiori poteri e risorse alle regioni più prospere, come Lombardia e Veneto, possa approfondire il divario già esistente tra Nord e Sud, riducendo la capacità dello Stato centrale di garantire standard uniformi nei servizi pubblici essenziali. Viesti ha evidenziato che questa dinamica non solo indebolirebbe il principio di solidarietà nazionale, ma potrebbe anche compromettere la coesione stessa del Paese.
Inoltre, il trasferimento delle funzioni deve essere accompagnato da risorse adeguate, ma la redistribuzione fiscale tra regioni rappresenta un nodo irrisolto. L’efficienza promessa dall’autonomia differenziata non è affatto dimostrata e il rischio di trasformare l’Italia in uno “Stato arlecchino”, con enormi divari tra una zona e l’altra, è più che concreto. Le differenze nelle richieste avanzate dalle singole regioni, così come le difficoltà nel garantire standard uniformi nei servizi, pongono seri dubbi sulla sostenibilità di una devoluzione completa dei poteri. Anche la Corte di Cassazione ha messo in guardia sulla anticostituzionalità della proposta di legge, che andrebbe rivista in molti suoi aspetti per essere conforme ai dettami costituzionali.
Secondo il professor Viesti, in ultima analisi, lo schierarsi contro la proposta di un’autonomia differenziata non equivale a difendere lo status quo (evidentemente un sistema malfunzionante e che necessita di grandi cambiamenti). Significa invece ricercare un equilibrio che sappia coniugare ruolo statale e autonomia regionale, senza compromettere i diritti fondamentali e l’uguaglianza tra i cittadini. Il “Lamaro Pozzani” si conferma un luogo ideale per approfondire questioni di centrale importanza, offrendo agli studenti e alla comunità l’opportunità di sviluppare una consapevolezza critica e informata su temi di grande rilevanza per il futuro del Paese.