La sera di lunedì 13 maggio gli studenti del Collegio hanno preso parte ad uno stimolante incontro con il professor Claudio De Vincenti, il quale ha illustrato una presentazione dal titolo “Per un governo che ami il mercato: una certa idea di intervento pubblico”. Ha aperto i lavori il professor Sebastiano Maffettone, presentando brevemente l’ospite e sottolineando i principali incarichi, istituzionali e non, ricoperti dal professor De Vincenti nel corso della sua carriera, tra i quali: Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, Segretario del Consiglio dei Ministri, Viceministro allo sviluppo economico, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico, professore ordinario di economia politica all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Il professor De Vincenti è entrato subito nel vivo dell’argomento iniziando a delineare una definizione di mercato a partire da esperienze di vita quotidiana. Concetti come la differenza tra mercati “da listino”, “a contrattazione” e “ad asta”, i vincoli di bilancio, il coordinamento delle scelte e la severità del mercato sono infatti parte di ciò che facciamo ogni giorno. In verità, come ha spiegato il professore, già nella prima ora e mezza della giornata effettuiamo come minimo 5 scambi sul mercato (acqua, luce, gas, raccolta della spazzatura e trasporto pubblico).
Il mercato quindi può essere visto come quello strumento in grado di rendere compatibile l’enorme quantità di scelte che ogni giorno miliardi di persone compiono. Ogni scelta, tuttavia, ha come limite massimo quello di un bilancio totale. Da quest’osservazione si può comprendere la severità insita al mercato: a bilanci differenti corrispondono vincoli differenti e conseguentemente una più o meno ampia varietà di scelta. È importante però che questa severità non diventi durezza, e che si miri ad un equilibrio di mercato socialmente ottimale. Ciò non è sempre possibile: secondo il modello walrasiano (dal nome dell’economista francese Leon Walras) ci sono quattro condizioni necessarie che devono essere verificate insieme: informazione completa e simmetrica, atomismo degli operatori, assenza di esternalità e mercati intertemporali completi. Tuttavia, è facile comprendere che tali condizioni siano ideali e che difficilmente si verifichino nella realtà. È in questo contesto che si inserisce la “mano visibile” dello Stato, che deve avere tre principali funzioni: allocativa, di stabilizzazione macroeconomica e redistributiva. L’intervento pubblico, se rispettoso di tali funzioni, può essere efficace e avere un impatto positivo sull’economia del Paese. Questo se si evita di commettere alcuni errori grossolani come ad esempio sottovalutare le autonome risposte degli operatori di mercato e sopravvalutare la “benevolenza” delle autorità.
Infine, il professore ha evidenziato due temi centrali della politica economica, ovvero alimentare e sostenere la fiducia degli operatori predisponendo àncore per le aspettative e per i comportamenti e fornire al mercato una bussola per orientare l’allocazione delle risorse mettendo in atto una politica industriale capace di fare da timone dell’economia. In altre parole si avverte la necessità di una politica economica che sia una base solida per il mercato, permettendogli così di svolgere le sue funzioni, e contemporaneamente lo orienti verso obiettivi di rilevanza collettiva.
In conclusione, l’incontro si è rilevato illuminante e esplicativo dei concetti che stanno alla base della politica economia e dei comportamenti manifestati dalle entità pubbliche nel momento in cui esse intervengono nel mercato. Ha permesso a noi studenti di approfondire questi concetti da un punto di vista teorico e di apprezzarli ancora di più sentendoli illustrati da una personalità tecnica e istituzionale di altissima caratura.