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Modellamento bancario: biodiversità, territorio, impresa. La tempestiva reazione dell’industria finanziaria alle nuove sfide globali.

08.04.2025

di Alessandro Tegas

Dazi, protezionismo, fine del libero scambio, incertezza: sono forse queste le parole chiave con le quali è possibile inquadrare la politica estera di questa seconda amministrazione Trump. Mentre le borse globali già si avviano a precipitare in un inevitabile e, per diversi economisti, preannunciato crollo, l’opinione pubblica si aspetta risposte pronte e puntuali dal settore. Settore che ormai si configura come un ecosistema in cui vige la biodiversità, ricchezza che unisce una pluralità di operatori finanziari: non solo banche, ma anche intermediari finanziari, data provider, fintech, assicurazioni. Attorno a questi temi si è articolata la discussione al convegno organizzato dal Cavaliere del Lavoro Ercole Pellicanò, presidente dell’Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del Credito (ANSPC). Come di consueto, una piccola rappresentanza di collegiali ha preso parte all’evento presso le Scuderie di Palazzo Altieri, su gentile invito dello stesso Cavaliere. Il suo intervento in apertura ha enunciato e introdotto i complessi temi poi trattati dai relatori.

In primo luogo, Alessandro Carpinella, senior partner di Prometeia, ha esposto il suo rapporto di base, descrivendo e fornendo aggiornamenti sul quadro macroeconomico nazionale. In generale, il settore bancario gode di buona salute ed è possibile ancora guardare al futuro con ottimismo; in particolare, proprio l’Italia è il primo Paese UE per il rapporto tra il prezzo corrente e il valore contabile dell’ultimo anno fiscale. Pertanto, per le banche italiane è ancora possibile crescere, anche maggiormente rispetto all’estero; tuttavia, le fusioni cross-border sembrano aver prodotto risultati non soddisfacenti. Questi risultati, ha spiegato Carpinella, sono legati alla conformazione stessa dell’industria finanziaria: rispetto a trenta anni fa si è assistito alla transizione da un sistema “a due livelli”, ossia istituti centrali di categoria e banche (più di un migliaio), a un ecosistema in cui abitano molteplici identità. Fra queste, spicca senz’altro il settore bancario che contribuisce al PIL nazionale per il 37%, di gran lunga sotto la media europea. Il rapporto identificava nella soglia di 1.2 miliardi di euro la dimensione minima funzionale per l’industria, cifra sotto la quale è maggiormente difficile sostenere i costi fissi. Nonostante il positivo quadro generale, non mancano dunque le sfide, tra un marginale commissionale rilanciabile, un nuovo human touch da abbracciare e un nuovo approccio verso la tecnologia in continuo avanzamento, senza mettere completamente da parte il rapporto con il cliente, ancora cruciale.

Successivamente, Franco Bassanini, presidente della Fondazione Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle pubbliche amministrazioni), già ministro nei governi Prodi I, D’Alema II e Amato II (1996-2001) e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Governo D’Alema I, ha moderato la tavola rotonda alla quale hanno contribuito illustri interlocutori. Elena Goitini, AD di Bnl Bnp Paribas, ha sottolineato la centralità del nuovo modello di interazione col cliente introdotto da aziende fintech e bigtech: “Ibridare non è una scelta, è una necessità”. A seguire, Angelo Camilli, presidente di Unindustria e componente del Consiglio Generale di Confindustria, i Cavalieri del Lavoro Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI), e Vito Primiceri, presidente dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari: i relatori si sono soffermati sulle policy da adottare in futuro, sottolineando un’eccessiva messa a fuoco degli obiettivi E (environmental), che talvolta porta a tralasciare quelli S (social) e G (governance): il ruolo degli istituti bancari come supporto all’economia reale deve rimanere la stella polare.

Unanime il parere negativo nei confronti dei tempi “bizantini” dell’Unione Europea e dell’eccessiva regolamentazione in tema di default, che non incoraggiano gli investimenti e l’andamento, pur vivace, del settore. Si è tuttavia salutata con favore la linea della nuova leva fiscale e degli incentivi per le famiglie a investire a lungo termine in Titoli di Stato italiani. Servono tuttavia ulteriori incentivi all’investimento: il nostro Paese dispone infatti di una enorme ricchezza finanziaria, investita solo per il 30%, e di famiglie estremamente reticenti a ricorrere al debito rispetto alla media europea.

Hanno commentato le più importanti questioni dell’attualità Fabio Cerchiai, presidente di FeBAF (Federazione delle banche, delle assicurazioni e della finanza), Luca Colombano, DG di Italia Assicurazioni, Pietro Galbiati, DG di Iccrea Banca e capogruppo del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea, ed Enrico Giovannini, già ministro dei governi Letta e Draghi. È stata ribadita l’importanza della “grande alleanza” fra banche e imprese, alla quale non può mancare il sostegno del legislatore. Si è infine ricordato il ruolo sociale di grandi banche e assicurazioni, condannando episodi d’odio, come il “culto popolare” generato attorno a figure come lo statunitense Luigi Mangione.