Nel secondo incontro del ciclo “L’Europa che vogliamo”, svoltosi presso il collegio “Lamaro Pozzani” la sera del 14 aprile, il professor Pier Virgilio Dastoli ha offerto una riflessione approfondita sull’attualità del Manifesto di Ventotene, documento cardine del pensiero federalista europeo. Redatto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni durante il confino politico sull’isola da cui il Manifesto trae il nome, il documento si colloca in un contesto di crisi profonda dello Stato nazionale e rappresenta una proposta politica innovativa per la costruzione di una federazione europea.
Nel corso dell’intervento, il professor Dastoli, già collaboratore di Spinelli per oltre un decennio, ha sottolineato come i contenuti del Manifesto mantengano una sorprendente attualità, soprattutto alla luce delle sfide che oggi investono l’Unione Europea, dalle tensioni geopolitiche alle crisi economiche e ambientali. Secondo Dastoli, l’intuizione dei tre autori è stata quella di immaginare un’Europa capace di superare il paradigma assolutistico, favorendo la nascita di una “sovranità condivisa” che permettesse di “andare oltre il concetto di sovranità nazionale assoluta”. Per Spinelli non si trattava di un’utopia, ma di un obiettivo concreto da perseguire subito, nella consapevolezza che solo una trasformazione radicale dell’assetto istituzionale europeo avrebbe potuto prevenire nuovi conflitti.
Il professor Dastoli ha ricostruito le diverse matrici culturali dei tre autori: Spinelli, ex comunista, si era distaccato dal PCI già nel 1937; Rossi, invece, era un liberale amico di Einaudi; Colorni, infine, era uno scienziato e un filosofo di origini ebraiche, prima legato a Giustizia e Libertà, poi passato al socialismo. Tre prospettive differenti confluirono in una proposta comune che, nella visione di Spinelli, doveva realizzarsi in senso rivoluzionario. L’autore stesso, nel corso degli anni, ha cercato di adeguare quest’ultimo aspetto al contesto storico-politico: non una rivoluzione violenta, bensì un processo di profonda trasformazione guidato dalla partecipazione popolare e dall’elaborazione di valori condivisi.
Durante l’incontro, è stato ribadito come il Manifesto abbia ispirato molte delle tappe dell’integrazione europea fin dal suo principio: dal mercato unico e la moneta comune, fino all’idea – ancora incompiuta – di una politica estera e di difesa realmente unitaria. Tuttavia, rimangono evidenti i limiti attuali dell’Unione Europea, in particolare la mancanza di strumenti decisionali efficaci in ambiti strategici. In questo senso, alcuni tendono ad appellarsi alla formula dai forti caratteri nazionalistici “Make Europe Great Again”, ma, ha sottolineato Dastoli, “il nazionalismo europeo non è la strada giusta da percorrere, bisogna piuttosto concentrarsi sul dialogo”: altro elemento cardine, insieme alla sovranità condivisa, nel processo di integrazione.
Per giungere a una vera struttura federale, il professore ha individuato cinque elementi essenziali che l’Europa dovrebbe in primo luogo implementare: una politica estera attribuita allo Stato federale, una cittadinanza federale e non solamente nazionale, un bilancio sovranazionale in grado di finanziare beni pubblici non garantibili dai singoli Stati, l’eliminazione del diritto di veto in molti contesti e, infine, il primato del diritto federale su quello nazionale.
Il percorso verso tale assetto richiede necessariamente una scelta tra due metodi: il negoziato intergovernativo, spesso inconcludente per la persistenza di interessi nazionali divergenti, oppure la mobilitazione popolare, che lo stesso Spinelli individuava come unica forza capace di imprimere una svolta reale.
In quest’ottica, secondo il professor Dastoli il ruolo dei parlamentari europei dovrebbe “evolversi da quello di legislatori a quello di costituenti”, capaci di guidare un processo di rifondazione istituzionale. Rifondazione che permetterebbe all’Europa di dotarsi finalmente di una carta di valori condivisi, di una Costituzione.
Nel dibattito finale sono state sollevate dagli studenti alcune questioni di stretta attualità, come il confronto tra la posizione di Spinelli e quella di altri autori del passato in merito all’unificazione europea, la vicenda spinosa del ReArm Europe o il tema dei rapporti tra UE e Regno Unito. Il professore ha quindi fornito la propria visione, ribadendo ancora l’importanza di un’azione comune e di un coordinamento sovranazionale per la risoluzione dei problemi.
L’incontro è stata un’importante occasione di confronto, in linea con la vocazione del “Lamaro Pozzani” a promuovere una formazione attenta alle trasformazioni politiche e istituzionali in atto. Una riflessione che ha invitato i partecipanti a interrogarsi non solo sul destino dell’Unione Europea, ma anche sul proprio ruolo nel costruirne consapevolmente il futuro.