“Cosa fare contro la disinformazione e la manipolazione?”. Si tratta di una domanda che ben evidenzia una problematica mai stata così attuale: la diffusione, pandemica, delle fake news, ossia lo spargimento di tutte quelle infondate e fasulle informazioni che vengono elevate a carattere di una verità pseudoscientifica e/o pseudo-profetica. A guidarci verso una risposta il dottorando in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli di Roma Rolf Nijmeijer: i suoi studi e la sua ricerca sono volti a identificare in che misura il contenuto delle campagne di disinformazione sui social media si adattano alle caratteristiche delle società a cui si rivolgono; oltre al disordine delle informazioni e ai social media, i suoi interessi di ricerca includono la propaganda, l’opinione pubblica e il comportamento politico.
L’incontro inizia con l’identificare le cause della diffusione del falso: stampa scandalistica, fake news, public relations, pubblicità. Tre sono i tipi dell’information disorder: la misinformation (ossia la storpiatura accidentale e involontaria delle notizie); la disinformation (ossia la deliberata deformazione o addirittura la creazione ex novo del falso); la malinformation (ossia la decontestualizzazione dei fatti per i propri fini).
La contagiosità delle fake news è esponenziale e, apparentemente, irreversibile: le false informazioni infatti viaggiano assai più velocemente di quelle vere; sono notevolmente ardue da correggere e da rimuovere, soprattutto quando ci si imbatte in persone o con opinioni rigide o momentaneamente offuscate, per paura o insicurezza, nella riflessione; posseggono inoltre un valore di maggior persuasività rispetto alle notizie dei media, dovuto all’efficacia del passaparola e delle personal connections.
Il nostro dottorando non esita, a tal proposito, a mostrarci anche le insidie della propaganda. Quest’ultima ci viene descritta, secondo le parole di Yochai Benkler, come “la comunicazione progettata per manipolare una mirata popolazione influenzandone le convinzioni, gli atteggiamenti o le preferenze al fine di ottenere un comportamento conforme agli obiettivi politici del propagandista”. Ne esistono di tre tipi: la white propaganda (i promotori non nascondono la propria identità); la black propaganda (i promotori rimangono occulti); la grey propaganda (i promotori pretendono di essere neutrali mentre in realtà utilizzano l’ecosistema mediatico a proprio vantaggio).
Ci si potrebbe chiedere perché avvenga tutto ciò: l’obbiettivo di tali sistemi di perversione del vero è la creazione di una società basata sulla diffidenza, dove la verità non esiste, dove la scienza viene privata della propria oggettività per poter essere adattata alle esigenze del singolo, dove la realtà diviene il velo che nasconde cospirazioni e complottismi.
Dopo questa attenta analisi, il cerchio si chiude: si ritorna alla domanda da cui eravamo partiti riguardo il come orientare le nostre azioni di fronte a tale fenomeno. Su un livello generale sono necessari una regolazione più efficiente dei dati, delle sanzioni per chi abusa del sistema, account verificati per tutti, avvisi riguardo l’incombenza di fake news, delle condizioni di vita sicure e il favorire un ambiente sano di informazione; sul livello dell’individuo sono fondamentali l’alfabetizzazione mediatica, l’esser critici nei confronti delle fonti, l’esser disposti ad andar oltre la singola notizia per garantirsi una maggiore documentazione, l’esser consapevoli di se stessi e l’esser pronti a discutere con chi rappresenta un “untore del falso”.