Nell’ambito del ciclo di incontri sul tema della sostenibilità inaugurato dal Cavaliere del Lavoro Franco Bernabè, è intervenuta, in data 11 aprile 2022, la professoressa Valeria Termini.
Ordinario di Economia Politica presso l’Università Roma Tre, ha ricoperto incarichi di spessore anche nel campo dell’energia e delle politiche energetiche, contribuendo anche alla creazione e regolazione della Borsa Elettrica Italiana e prendendo parte dal 2011 al Technical WG on Investment and Finance dell’United Nations High Level Energy Dialogue 2021 – COP 26. Nel 2020 ha pubblicato per Editori Laterza “Energia: La grande trasformazione”, ove analizza la rivoluzione energetica che si fa strada nella società moderna nonostante la refrattarietà dei più al cambiamento.
La professoressa Termini ripercorre nel suo intervento i grandi cambiamenti che hanno attraversato la società, costringendola a una radicale riorganizzazione: per primo venne il carbone, simbolo della rivoluzione industriale, rimpiazzato poi dal petrolio, che ha spostato i centri del potere energetico dall’Europa al Medio Oriente, e infine le fonti rinnovabili, portatrici di una rivoluzione ancora incompiuta, in itinere, che ci vede immersi in un cambiamento che necessita di partecipazione attiva.
Nessuna transizione è indolore, nemmeno quella presente, e porta spesso con sé i sintomi della crisi. L’oligopolio del petrolio ha assoggettato intere Nazioni a curve di crescita che seguono quelle di domanda energetica: sottrarsi alla dipendenza richiede una fase di stagflazione che, coniugando inflazione e stagnazione, permetta di imboccare una strada alternativa, guidata da una visione trasversale che metta da parte l’utopia di una totale inversione di marcia – la professoressa Termini definisce la decrescita felice una “assurda posizione ideologica regressiva” – e investa nell’idea della sostenibilità. Non si tratta, dunque, di ricercare una radicale cancellazione dello stile di vita moderno, ma di ripensarlo alla luce di una tollerabilità uomo-ambiente a lungo termine.
Elemento cruciale è dunque l’indipendenza energetica, la ricerca di nuove fonti, siano esse interne – è il caso degli USA, sempre più orientati verso l’utilizzo del cosiddetto shale oil, petrolio disperso in frammenti rocciosi piuttosto che estratto da giacimenti tradizionali – o rinnovabili e non assoggettabili – sole, aria, acqua, elementi fondanti del Green Deal, il patto di crescita verde che ha l’obiettivo di mediare i diversi stili di crescita dei paesi d’Europa con un programma comune.
L’Unione Europea si erge a pioniera della gestione di una trasformazione di tali proporzioni, intervenendo nelle dinamiche economiche, politiche e sociali dei paesi membri, tracciando una linea comune con politiche indirizzate alla sostenibilità che spaziano dal Next Generation EU, recovery fund per la ripresa europea, al RePower EU, strategia di aumento della produzione e diversificazione delle forniture di biometano e idrogeno rinnovabile, che riduca la dipendenza dall’importazione di gas russo (ad oggi l’Europa dipende dalla Russia per il 40% delle importazioni di gas).
Qualsiasi rivoluzione, anche la più radicale, necessita tuttavia di una fase intermedia, di una transizione che permetta il riadattamento: l’impossibilità di garantire l’approvvigionamento costante di energia elettrica tramite fonti rinnovabili rende necessario per ora l’impiego del gas, il più adatto tra le fonti non rinnovabili: la possibilità di liquefarlo e trasportarlo può sottrarlo al monopolio dei gasdotti regionali e la minore quantità di agenti inquinanti emessi rispetto al petrolio e al carbone lo rendono il ponte di collegamento perfetto tra il passato e il futuro delle fonti energetiche.
Passato, presente e futuro si intrecciano nella rivoluzione energetica, ciascuno fornendo il suo contributo nella ricerca di un nuovo equilibrio di indipendenza energetica, orientata verso una depoliticizzata sostenibilità.