Si è tenuto nella sala Salvatore D’Amato il convegno intitolato “L’Italia al bivio tra riforma dello stato e autonomia differenziata”. Organizzato dalla Fondazione Mezzogiorno ed ospitato dall’Unione Industriali Napoli, intende analizzare un tema particolarmente dibattuto e controverso, la riforma che garantirebbe a diverse regioni italiane un’autonomia differenziata. Il Cav. Lav. Antonio D’Amato, presidente della Fondazione Mezzogiorno e presidente d’Onore della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, apre la discussione indicando la pericolosità che la riforma istituzionale tanto discussa presenta. Non solo metterebbe in discussione i presupposti dell’unità nazionale, ma rappresenterebbe simultaneamente una minaccia alla competitività dell’economia italiana nel panorama internazionale. D’Amato prosegue però illustrando le criticità che hanno portato alla formulazione di tale iniziativa, un Mezzogiorno paralizzato, che vede un’assenza di concrete iniziative territoriali ed una prolungata incapacità di gestione delle risorse sul territorio.
Ne è testimonianza la corrente situazione riguardante i fondi del PNRR, che sperimentano una grande difficoltà nell’essere spesi per inadeguatezza del sistema. Secondo il Cavaliere la situazione è frutto di errori presenti e passati e certamente non può vedere soluzione in una riforma che decreterebbe, a detta sua, una “definitiva rottura territoriale”. All’apertura del Presidente della Fondazione segue l’intervento del sen. Marcello Pera, già Presidente del Senato. In qualità di portavoce della parte politica del dibattito, viene interpellato dai direttori dei quotidiani de Il Mattino, del Corriere del Mezzogiorno e di Repubblica Napoli, fornendo la sua posizione riguardo la struttura e le modalità della riforma. L’argomentazione più valida del ddl per l’autonomia differenziata è l’oggettiva volontà di applicazione di un articolo della Costituzione, la più alta fonte del diritto del nostro sistema. Tuttavia, il sen. Pera evidenzia come non sia un caso che a questo articolo, in vigore da più di vent’anni, non sia mai stato fatto ricorso da parte delle regioni prima del 2017. Si sarebbe potuto dare vita ad un federalismo regionale molto prima, ma non era stato ritenuto opportuno da nessuna delle parti in causa. È evidente quindi come il fenomeno federalista risulti incompatibile con la situazione italiana e pure con la linea politica dell’attuale governo. Da un lato si auspica un rafforzamento del potere centrale tentando di modificare la forma di governo e dall’altro, con le autonomie differenziate, si disgregherebbe la coesione territoriale. È necessario, secondo Pera, non compiere uno strappo legislativo, ma rivedere la riforma coinvolgendo il Parlamento attraverso l’istituzione di una commissione bicamerale. Quest’ultimo si è visto più volte deturpato della sua funzione per rivestirne una ornamentale, mentre, a detta di Pera, è la sede adeguata per ripensare il ddl, anche alla luce del parallelo disegno di revisione della forma di governo, e giungere ad un compromesso che preveda i cosiddetti checks and balances.
Il federalismo è prodromico ad una competizione che nulla ha a che vedere con garanzie centrali. È necessario quindi per il senatore sensibilizzare l’opinione pubblica al riguardo e non considerare, in questa fattispecie, l’interesse di breve periodo a scapito di quello di lungo termine. A gran voce riecheggia la critica al Titolo Quinto della Costituzione, ritenuto disfunzionale e inefficace anche dall’analisi accademica dei professori Pisauro, Staiano e Bordignon. Il secondo ricorda addirittura la premonizione di Benedetto Croce, che intravide già nel ‘47 i rischi di un eccessivo regionalismo. È necessaria una precisa demarcazione delle materie di competenza centrale e di quelle di pertinenza regionale, per non incorrere in una concorrenza dannosa tra regioni stesse e tra quest’ultime e le istituzioni centrali.
L’auspicio è un’adeguata revisione della proposta di legge in Parlamento, condiviso anche dal Cav. Lav. Jannotti Pecci, presidente dell’Unione Industriale Napoli, che si pronuncia contrario al ruolo di registratore di cassa che lo stato finirebbe per assumere nel momento in cui la programmazione e l’attuazione delle iniziative spettassero alle singole regioni. L’obiettivo, al contrario, è l’espressione del potenziale che il Mezzogiorno da anni possiede ma che non riesce a far fruttare.
Nelle parole conclusive del Presidente D’Amato si percepiscono la speranza e la volontà di riscattare l’identità del Sud Italia e di colmare il divario che da decenni caratterizza la situazione italiana. Per poterlo fare bisogna lavorare sulla formazione della futura classe dirigente, sull’amministrazione attuale che rallenta lo sviluppo anziché agevolarlo e soprattutto sull’integrità dello stato e dell’identità del paese. Disgregare non è la soluzione.